Papà, ma l’auto elettrica…

«Papà, ma l’auto elettrica inquina…»

«Beh, sì, qualsiasi attività che facciamo inquina, quindi anche l’auto elettrica…»

«No, ma inquina tantissimo!»

«Aspetta. Dov’è che hai sentito questa cosa?»

«A scuola. Hanno detto che ci sono le batterie da smaltire…»

Interrompo il botta e risposta e dico chiaro e tondo a mio figlio che ciò che ha sentito a scuola è sbagliato. Certo l’auto elettrica ha dei nodi da affrontare, ma l’auto elettrica è decisamente meno inquinante di un’auto termica, che sia a benzina, a gas, o a diesel.

So benissimo che girano in rete diverse fonti che sostengono il contrario. Ma so altrettanto bene che sono scorrette, e questo considerando tutto il ciclo di vita del mezzo, dalla produzione alla rottamazione, passando naturalmente per il suo uso. Non sto qui ad argomentare, rimando alle spiegazioni del professor Nicola Armaroli (qui ne parla in una puntata di Radio3 Scienza, qui lo spiega in un video). Non sono cose che dice solo Armaroli, ovviamente (però lui le spiega molto bene e in dettaglio, argomentando sui punti più controversi). Volendo, soprattutto se si hanno a disposizione solo pochi minuti, si può anche leggere questo articolo su Focus.

Quindi sono convinto di aver detto qualcosa di corretto, a mio figlio. Ma nel giro di pochi minuti mi è stato chiaro che ho affrontato la questione in modo decisamente sbagliato. In altre parole, l’ho messo di fronte a una scelta secca: credi a quello che qualcuno ha detto scuola oppure credi a quello che ti dico io che sono tuo padre.

Insomma, in quanto padre, ho fatto una discreta idiozia.

Avrei dovuto, piuttosto, aiutare mio figlio a trovare la sua risposta. Che non vuol dire ‘vabè, spara la tua opinione, tanto ognuno può dire ciò che gli pare’. Al contrario, avrei dovuto aiutarlo a capire come può indagare, come può verificare. Quali strumenti usare per saperne di più, chi ascoltare, con chi confrontarsi.

D’accordo, mio figlio fa le elementari: non mi posso aspettare che approfondisca più di tanto le cose da un punto di vista tecnico. Ma il metodo, il metodo del verifico anziché scelgo quel che mi ispira di più, beh, quello posso proporglielo già da alcuni anni.

Ho studiato alle scuole tecniche e poi ho fatto un’università scientifica. Dovrei aver capito che tecnica e scienza richiedono soprattutto una cosa: la voglia di verificare. Al tempo stesso, rifiutano come la peste un’altra cosa: l’adesione acritica ai loro stessi risultati.

Sento spesso dire che bisogna fidarsi della scienza, frase bella, che però temo possa essere fraintesa. Non perché non creda nella validità del lavoro di scienziate e scienziati, anzi. Sono molto grato a chi mette a frutto la propria competenza scientifica per risolvere problemi come le pandemie e l’emergenza climatica. Ascolto queste persone con il massimo interesse e rispetto.

Ma fidarsi della scienza è un’espressione ambigua perché la scienza non chiede adesioni acritiche, fideistiche, appunto. La scienza procede mettendosi continuamente in discussione: ogni volta che accettiamo i suoi risultati dobbiamo ricordarci che sono stati conquistati a caro prezzo, in termini di convinzioni precedenti smontate.

Il che non significa che le donne e gli uomini che ci parlano di scienza… ‘chissà cosa ci sta dietro!’. Significa che ogni volta che sentiamo un’affermazione che ci sembra importante, possiamo fare un po’ – almeno un po’ – di sforzo per capire da dove arriva, questa affermazione.

Ecco, forse a mio figlio avrei semplicemente dovuto dire qualcosa del genere. Avrei dovuto dirgli ‘andiamo a vedere come possiamo capirci qualcosa di più, su questa faccenda delle auto elettriche che inquinano’.

Ho ancora parecchio da imparare.

Join the discussion

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *