Più idioti dei dinosauri è un racconto in cui, però, ci sono diverse informazioni scientifiche e dati. Ho cercato il più possibile di citare le fonti come parte del racconto stesso. Per dire dove ho trovato quelle informazioni e dati che non sono riuscito a inserire nel libro, invece, ho scritto questo – ahimè lungo – post.

A caccia dell’ombra

Qui affermo che mio figlio e io siamo particolarmente apprezzati dalle zanzare. Che queste bestiacce si accaniscano di più contro alcune persone, credo che lo notiamo tutti. Sul perché ciò accada ci sono varie ipotesi ma accidenti se ho trovato il modo per far sì che Cosimo e io usciamo dal menù preferito di quelle maledette. In ogni caso, che i più colpiti siano circa il 20% delle persone, l’ho letto su questo studio: Joseph Stromberg, Why Do Mosquitoes Bite Some People More Than Others? Smithsonian.com, 12.7.2013

Capitolo I – Tutto un mondo da visitare

L’Alberto che ci ha condotto nella passeggiata veneziana è Alberto Fiorin, autore di bellissimi libri sulla bicicletta tra cui guide per vacanze in bici. Qui alcuni suoi titoli.

Di stime sulla crescita dell’acqua del mare a Venezia se ne trovano diverse e, consultandole, mi sembra si possa dire che un innalzamento di un metro, come ordine di grandezza, sia molto probabile. In ogni caso, tra le varie analisi e ricerche, si può consultare questa, realizzata da un gruppo coordinato da Fabrizio Antonioli, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulganologia. Ricerca in cui non si parla solo di Venezia, ma di una trentina di altre città italiane costiere che sono a rischio di venire sommerse. Antonioli lo si può ascoltare in questo video di Vice.com.

Per conoscere le altitudini dei vari punti della terra, e di conseguenza capire quali punti hanno più possibilità di finire sommersi, con l’innalzamento dell’acqua del mare, si può consultare questa mappa. Sulla crescita prevista dell’acqua a New York, si può consultare questa fonte e anche questa.

Le informazioni su Yellowstone, sull’isola di Pasqua e sulle isole di Pasqua le ho tratte in particolare da una serie di articoli comparsi sul sito del New York Times dedicati a patrimoni UNESCO a rischio per via della crisi climatica. Tra questi c’è l’articolo di Marguerite Holloway, Your Children’s Yellowstone Will Be Radically Different, The New York Times, 15 novembre 2018. Per consultare questi articoli occorre essere abbonati al sito del giornale newyorchese.

Capitolo II – Muoversi

Olga e Pedro si perdono dietro a numeri e percentuali citati in questo rapporto. Numeri che possono cambiare, come un po’ tutti quelli che riguardano la stima delle emissioni di gas serra. Per essere aggiornati sulla situazione, si possono consultare le pagine dedicate dall’Unione europea alla questione.

La Rossella mia compagna di università che cito è Rossella Prandi, qui la sua pagina linkedin. Come si vede, il suo lavoro consiste proprio nel valutare la qualità dell’aria. Il dato sul calcolato risparmio della CO2 grazie alla TAV arriva dal Quaderno 15 dell’Osservatorio Nuova Linea Torino Lione, pagina 103.

La stima di quanto aumenterebbe la richiesta di energia elettrica nell’Unione europa se l’80% delle automobili diventasse di colpo elettriche è un altro di quei dati in evoluzione. Comunque l’ho trovato qua. I dati sulle turbolenze nei viaggi aerei causati dall’aumento della CO2 li ho trovati in questo articolo del New Scientist.

Ma ‘ste auto elettriche… beh, oltre al sito di Quattroruote,  volendo c’è anche questo articolo, che spiega perché  siano vantaggiose, in tema di minori emissioni di CO2 e affronta anche la strana teoria secondo cui ci sarebbero dei diesel puliti come una brezza primaverile.

Capitolo III – Di città in città

Le stime su quanto le città contribuiscano al cambiamento climatico nel 2010 e, in prospettiva, nel 2030, si possono trovare in questo documento della Banca Mondiale (in mezzo a un sacco di altre informazioni: quei numeretti lì stanno precisamente a pagina 23) che a sua volta cita l’Agenzia Internazionale per l’Energia.

Le tesi di Edward Glaeser sono riassunte in questo articolo: How Skyscrapers Can Save The City, pubblicato su The Atlantic. Le tesi di Elena Granata sul reinventare gli spazi in cui viviamo si trovano anche in un libro uscito presso Einaudi: Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo.

Capitolo IV – Immortali

Le posizioni di Rex Tillerson, in modo più articolato e completo di quanto abbia fatto io nel libro, sono riassunte in questo articolo di Mashable. L’evoluzione della malaria con l’aumentare della crisi climatica è descritta in questo articolo su The Lancet.

Capitolo V – Calorie

Dean, la Pontiac del ’55 Omaha, Tucson, Giuseppe, la vecchia millecento eccetera… si riferiscono a Statale 17, di Francesco Guccini, nella versione dell’Album Concerto con i Nomadi. I dati sulle rispettive permanenze nell’atmosfera di Metano e Anidride Carbonica me li ha forniti Giulio Betti. Peraltro, vale la pena seguirlo su twitter, Giulio. Volendo c’è anche questo articolo di Skeptical Science, che spiega questa faccenda della permanenza in atmosfera della CO2.

Il giochino della BBC che permette di misurare l’impatto di ogni cibo, a seconda di quanto lo si consuma, lo si trova qui.  Le valutazioni sulle emissioni del settore agroalimentare della FAO si trovano qui. La stima su quanto i diversi settori contribuiscano alle emissioni di gas serra è una roba che trovo davvero complicata, la fanno in molti, tra cui l’EPA, l’agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti. La stima su quanto il pesce che consumiamo sia di allevamento ma l’ha comunicata Francesco Calefato che in quel di Biella, città in cui vivo, non ha solo una pescheria, ma propone un approccio consapevole e rispettoso dell’ambiente al consumo di pesce.

Su come cambierà la produzione di mais al crescere della temperatura media, si può consultare questo articolo (ma ce ne sono davvero un’infinità, e dicono tutta la stessa cosa: la produzione di questo alimento va a diminuire, con l’aumento del calore della superficie terrestre). Lo studio che confronta l’impatto sul cambiamento climatico delle diverse diete (onnivora, vegetariana, vegana) è stato pubblicato su Nature.

La storia del caffè senza caffè è stata raccontata anche su Elle.

Ma in questo capitolo, me sciagurato, c’è anche un errore di sostanza. A pagina 92 è scritto:

Sì, c’è il problema della birra e ci sarebbe anche quello del vino, poiché ci sono studi secondo cui la metà circa delle vigne mondiali rischia di sparire, se nel 2050 la temperatura della Terra sarà aumentata del 56%.

quel ‘del 56%’ va sostituito con ‘due gradi centigradi’. Il riferimento è qui.

 

Capitolo VI – Figli

L’articolo di Bastian Berbner si può leggere su Internazionale n. 1337 del 13 dicembre 2019. La lista delle cause di morte l’ho presa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Qui c’è come sono andate le cose nel primo ventennio del ventunesimo secolo.

Che l’mpatto climatico procapite sia molto diverso a seconda del paese in cui ci si trova, l’ho letto per la prima volta nel libro Factfullness di Hans Rosling. La valutazione delle emissioni di una persona vissuta tra il 1960 e il 2020 l’ho trovata riassunta in questo articolo de Il Sole 24 Ore, che a sua volta si rifà a dati della Banca Mondiale.

L’articolo di Anna Momigliano che cito nel libro – e che davvero mi ha fatto pensare moltissimo – si può leggere qui, su Rivista Studio.

A proposito di come la situazione è cambiata e potrà ancora evolvere in Cina – dal punto di vista della produzione di energia – ho trovato questa grafica che mi pare sintetica e interessante.

Sull’aumento – molto rilevante, secondo alcune ipotesi – delle zone aride, a causa del cambiamento climatico, riporto un articolo di Le Scienze e uno di Valori. L’idea che le terre come il Sahara possano aumentare moltissimo è argomentata in Future of the human climate niche, articolo pubblicato dal PNAS, che è il Proceedings of the National Academy of United States. Registro però che c’è anche chi dice che non sarà così: voglia il cielo che abbiano ragione loro, almeno su questo.

L’articolo di David Wallace-Wells che cito si intitola Parenting the Climate Change Generation, l’ha pubblicato il New York Magazine, io l’ho letto su Medium.

Capitolo VII – Più idioti dei dinosauri

Svante Arrhenius non è stato il primo a capire che esiste l’effetto serra. Nel libro scrivo che è stato uno dei primi ma, a scanso di equivoci, lo ripeto qui. A rendersi conto che esiste questo effetto è stata probabilmente Eunice Newton Foote (il cognome non è un caso: pare fosse una discendente del buon Isaac, in qualche modo), a metà dell’800. Qui c’è un breve riassunto della storia. Ma Svante Arrhenius, che è arrivato parecchi anni dopo, mi ricorda Armando…

Le dichiarazioni con cui Michael O’Leary, CEO di Ryan Air, dice di non credere nel cambiamento climatico, si possono trovare qui e qui. E poi c’è la notizia secondo cui Ryan Air è il decimo emettitore di gas serra nell’Unione europea. Che le due cose siano in relazione?

Per il tema del negazionismo, fondamentale è il lavoro di Stella Levantesi: I bugiardi del clima. Potere, politica, psicologia di chi nega la crisi del secolo, Laterza.

Questa è Musica ribelle di Eugenio Finardi. I risultati della ricerca del professor Gerardo Ceballos sono riassunti in questo articolo sul sito della BBC. Il link al sito di PornHub con la campagna sulle api magari non lo metto, però non me la sono inventata, questa storia: l’ho letta su Il Post.

La strana – almeno per me – storia della Statua della Libertà mezza affondata per via dell’innalzamento del livelli del mare, è raccontata in dettaglio in questo articolo.

Capitolo VIII – Non scendo più

Piantare alberi per combattere il cambiamento climatico è una cosa che va di moda in un modo straordinario. Di conseguenza, se uno digita su un motore di ricerca – ovviamente, per stare in tema, suggerisco il motore di ricerca ecosia, che pianta alberi proporzionalmente a quanto viene usato – ‘alberi’ e ‘cambiamento climatico’ insieme, esce pazzo. Chi volesse trovare il testo originale e integrale della Trillon Tree Declaration che cito nel libro, lo trova qui.

Questo invece è il documentario di WeWorld a cui faccio ampio riferimento in Fuga sugli alberi.

Il TED con il professor Vacchiano che cito è questo. Una sintesi della ricerca sull’impatto positivo degli alberi in ambito urbano, curata dalla professoressa Rita Balardi, è pubblicata qui.

Capitolo IX – Soldi

La stima di Moody’s sui soldi che costerà il cambiamento climatico la si trova in un sacco di posti, ad esempio sul Washington Post. La storia delle banche che non finanziano la trivellazione dell’Alaska si trova nella newsletter di Bill McKibben del 26 novembre 2020. La bancarotta della Pacific Gas and Electric Company mi sembra sia spiegata sufficientemente bene da Wikipedia.

Sul tema dei sussidi all’industria fossile, le informazioni provengono da questa sezione del sito del Fondo Monetario Internazionale. Banking on Climate Chaos è il rapporto del 2021 (con dati del 2020) che permette di sapere quanto gli istituti di credito finanzino il settore dei combustibili fossili.

Il misuratore della Carbon Footprint che mi ha mandato in confusione, affermando che la mia impronta è decisamente superiore a quella dell’italiano medio, è questo.

Capitolo X – Conversioni

La notizia secondo cui Eni avrebbe cominciato a trivellare in Alaska la si può trovare in un sacco di posti: Reuters, Nasdaq, Repubblica. I documenti che spiegano il programma di Eni verso la sostenibilità si possono trovare soprattutto a questo indirizzo; il rapporto che ho consultato, in particolare, è Neutralita carbonica nel lungo termine. Eni for 2019. Che l’Eni sia uno dei principali sponsor del Festival Letteratura di Mantova si vede già dalla home page del Festival, scorrendo le pagine del sito si vedono che gli eventi dedicati a discutere del cambiamento climatico non sono pochi.

Capitolo XI – Che tocca fare per campare

Più volte, nello scrivere il libro, mi sono chiesto: ma questi numeri ha senso che li metta, oppure saranno cambiati nel giro di poco, al punto che la stessa fonte dove li ho presi non si troverà più? Con questo approccio ne ho tolti davvero tanti, di numeri che avevo inserito nella prima stesura. Ma uno, ahimè, l’ho lasciato: quello che riguarda il numero di posti di lavoro persi, nel mondo, a causa della pandemia. Avrei fatto meglio a lasciare un’indicazione di massima, primo perché le stime sono davvero tanto diverse, a seconda delle varie fonti, secondo perché è un dato in evoluzione continua: a gennaio 2022, quando esce Più idioti dei dinosauri, siamo ancora in piena pandemia le cui conseguenze su economia e lavoro sono davvero difficili da stimare. L’ho fatta lunga, chiedo scusa. La fonte a cui più mi sono affidato, sulla questione, è comunque è l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro e qui c’è un articolo che riassume i suoi dati, a luglio 2020.

Qui c’è il sito della Carbon Engineering che produce mega aspiratori per togliere la CO2 dal cielo. E a questo sito c’è il progetto Desarc Maresanus che favorisce la capacità di assorbire la CO2 del mare e al tempo stesso cerca di contrastarne l’acidità. Il lavoro di Andrea Crisanti contro le zanzare assassine è raccontata nella puntata di Radio3 Scienza del 6 agosto 2019.

Per saperne di più sul grafene e le possibilità che offre soprattutto nel campo delle batterie, c’è questo articolo de Il Corriere.

Giovanni Mori lo si può ascoltare nel suo podcast, Emergenza Climattina, ma vale la pena seguirlo un po’ ovunque: su facebook, in particolare, ma anche su Twitter.

Capitolo XII – Attivista

Michael Brune, direttore del Sierra Club ha scritto un post sul razzismo di John Muir, padre nobile dell’ambientalismo e fondatore dello stesso Sierra Club. Il testo di Brune e parte del dibattito che ha suscitato lo si può leggere qui.

I dati sui fenomeni estremi in Italia arrivano dal libro Terra bruciata di Stefano Liberti e lui, a sua volta, li ha presi da European Severe Weather Database.

Sul sito di Fridays For Future Italia si trovano le interviste a Fousseny Traore e Jon Bonifacio. La frase del professor Rajul Pandya sul fatto che il cambiamento climatico non sia la priorità di nessuno ma colpisca le priorità di tutti, l’ho sentita nel podcast TILClimate e in particolare in questo episodio.

Capitolo XIII – Compleanno tra le nuvole

Il TED della professoressa Kate Marvel si intitola è del 31 luglio 2017 e s’intitola Can clouds buy us more time to solve climate change? L’articolo del 20 luglio 2020 che he perfeziona la stima della crescita della CO2 con la temperatura è questo.

Nicolas Lozito può essere seguito – e deve essere seguito – su instagram o iscrivendosi alla sua newsletter Il colore verde.

 

Mi è capitato, come credo a molti, di conoscere persone spaventate dall’idea di finire attaccate a un respiratore. Ma ho anche sentito persone parecchio preoccupate delle conseguenze che un vaccino potrebbe avere sul loro organismo – e ancor più su quello dei loro giovani figli – da qui a cinque, dieci anni e oltre.

Non che di psicologia ci capisca molto, ma non so quanto funzioni il razionalizzare le varie paure. Non penso che abbia senso metterle in gara, addirittura squalificandone qualcuna. Non sono convinto, cioè, che lo scontro tra chi ha grande fiducia nel vaccino e chi no porti a qualcosa di buono.

Alcuni osservatori internazionali, qualche mese dopo lo scoppio della pandemia, elogiarono l’Italia per la sua reazione. Mi colpì chi – un giornalista del New York Times, mi sembra – parlò di un paese unito come non mai dai tempi della sua unificazione formale, avvenuta nell’Ottocento.

Mi colpì perché mi sembrò una valutazione po’ eccessiva. Oggi mi sembra completamente scentrata, per non dire platealmente assurda. In Italia mi pare che ci sia una conflittualità esasperata ed è qui che s’innesta la mia paura più grande.

Certo, mi preoccupa la questione sanitaria e non meno quella economica – i posti lavoro che si perdono, l’aumento della povertà, delle tensioni sociali – e anche quella psicologica, soprattutto sui giovani.

Ma la paura principale che suscita in me il protrarsi della pandemia a qualcosa a che fare con ciò che è successo in Rwanda e nella ex Iugoslavia negli anni Novanta del secolo scorso. Cioè con il fatto qualcuno ha cominciato a massacrare persone con cui, per diverso tempo, era riuscito a convivere.

Non sono così ingenuo da non riconoscere le specificità di ogni storia. Credo però che queste violenze non siano esplose da un giorno all’altro e che un clima dove ci si dà contro come si sta facendo in Italia sia un pessimo inizio in quella direzione.

Forse sarebbe meglio cominciare con l’accettare le nostre paure e, con le nostre, anche quelle degli altri.

Nonostante in Italia escano ogni anno in libreria più di 25.000 novità – lo dice l’ISTAT – pubblicare un proprio lavoro non sembra la cosa più facile del mondo. Se ci sono riuscito, qualche volta, è soprattutto grazie alle persone che mi hanno aiutato.

A partire da chi, nelle case editrici, ha trovato il tempo per valutare le mie proposte e poi ancora tempo e risorse, professionalità, impegno per produrre i libri e promuoverli. Ringrazio davvero le amiche e gli amici di edizioni e/o – che il 19 gennaio pubblicano un mio lavoro – e di Infinito Edizioni – con cui ho pubblicato in precedenza – e aggiungo che li ammiro molto: io non saprei da che parte cominciare, a fare il loro difficile e prezioso mestiere.

Poi c’è chi i libri mi ha aiutato a scriverli e nel caso dell’ultimo, Più idioti dei dinosauri, si tratta di tante persone, che non mi hanno semplicemente aiutato a limare qualche passaggio o a evitare errori. Mi hanno indirizzato, mi hanno consentito di andare avanti. I loro nomi sono nel libro ma vorrei creare diverse occasioni per parlare di ciò che fanno anche su questo blog, nei prossimi mesi.

Peraltro, scrivere i ringraziamenti è una cosa che trovo un sacco difficile. Non tanto perché mi chiedo «oh, cielo stellato, non avrò dimenticato qualcuno?», quanto perché nei ringraziamenti mi viene da sbracare, il che non è bello, dopo aver cercato di misurare con il calibro ventesimale ogni parola precedente.

In ogni caso, vedersi pubblicati è una sensazione bellissima, è un bel risultato, ma è sempre solo l’inizio di qualcosa. È cosi, naturalmente, anche nel caso di Più idioti dei dinosauri. Il più resta da fare e non mi riferisco (solo) al promuovere il libro, ma all’affrontare il caos climatico di cui il libro, spero non troppo caoticamente, parla.

(Tanto per cominciare ringrazio Nicolas Lozito, a cui devo l’espressione ‘caos climatico’).

«Papà, ma l’auto elettrica inquina…»

«Beh, sì, qualsiasi attività che facciamo inquina, quindi anche l’auto elettrica…»

«No, ma inquina tantissimo!»

«Aspetta. Dov’è che hai sentito questa cosa?»

«A scuola. Hanno detto che ci sono le batterie da smaltire…»

Interrompo il botta e risposta e dico chiaro e tondo a mio figlio che ciò che ha sentito a scuola è sbagliato. Certo l’auto elettrica ha dei nodi da affrontare, ma l’auto elettrica è decisamente meno inquinante di un’auto termica, che sia a benzina, a gas, o a diesel.

So benissimo che girano in rete diverse fonti che sostengono il contrario. Ma so altrettanto bene che sono scorrette, e questo considerando tutto il ciclo di vita del mezzo, dalla produzione alla rottamazione, passando naturalmente per il suo uso. Non sto qui ad argomentare, rimando alle spiegazioni del professor Nicola Armaroli (qui ne parla in una puntata di Radio3 Scienza, qui lo spiega in un video). Non sono cose che dice solo Armaroli, ovviamente (però lui le spiega molto bene e in dettaglio, argomentando sui punti più controversi). Volendo, soprattutto se si hanno a disposizione solo pochi minuti, si può anche leggere questo articolo su Focus.

Quindi sono convinto di aver detto qualcosa di corretto, a mio figlio. Ma nel giro di pochi minuti mi è stato chiaro che ho affrontato la questione in modo decisamente sbagliato. In altre parole, l’ho messo di fronte a una scelta secca: credi a quello che qualcuno ha detto scuola oppure credi a quello che ti dico io che sono tuo padre.

Insomma, in quanto padre, ho fatto una discreta idiozia.

Avrei dovuto, piuttosto, aiutare mio figlio a trovare la sua risposta. Che non vuol dire ‘vabè, spara la tua opinione, tanto ognuno può dire ciò che gli pare’. Al contrario, avrei dovuto aiutarlo a capire come può indagare, come può verificare. Quali strumenti usare per saperne di più, chi ascoltare, con chi confrontarsi.

D’accordo, mio figlio fa le elementari: non mi posso aspettare che approfondisca più di tanto le cose da un punto di vista tecnico. Ma il metodo, il metodo del verifico anziché scelgo quel che mi ispira di più, beh, quello posso proporglielo già da alcuni anni.

Ho studiato alle scuole tecniche e poi ho fatto un’università scientifica. Dovrei aver capito che tecnica e scienza richiedono soprattutto una cosa: la voglia di verificare. Al tempo stesso, rifiutano come la peste un’altra cosa: l’adesione acritica ai loro stessi risultati.

Sento spesso dire che bisogna fidarsi della scienza, frase bella, che però temo possa essere fraintesa. Non perché non creda nella validità del lavoro di scienziate e scienziati, anzi. Sono molto grato a chi mette a frutto la propria competenza scientifica per risolvere problemi come le pandemie e l’emergenza climatica. Ascolto queste persone con il massimo interesse e rispetto.

Ma fidarsi della scienza è un’espressione ambigua perché la scienza non chiede adesioni acritiche, fideistiche, appunto. La scienza procede mettendosi continuamente in discussione: ogni volta che accettiamo i suoi risultati dobbiamo ricordarci che sono stati conquistati a caro prezzo, in termini di convinzioni precedenti smontate.

Il che non significa che le donne e gli uomini che ci parlano di scienza… ‘chissà cosa ci sta dietro!’. Significa che ogni volta che sentiamo un’affermazione che ci sembra importante, possiamo fare un po’ – almeno un po’ – di sforzo per capire da dove arriva, questa affermazione.

Ecco, forse a mio figlio avrei semplicemente dovuto dire qualcosa del genere. Avrei dovuto dirgli ‘andiamo a vedere come possiamo capirci qualcosa di più, su questa faccenda delle auto elettriche che inquinano’.

Ho ancora parecchio da imparare.

D’accordo, il clima sta peggiorando, praticamente in ogni angolo della Terra. Quello che vorrei capire meglio, però, è come questa situazione cambierà la vita di un ragazzo che nel 2022 fa dieci anni e vive nell’Italia nord-occidentale.

Il fatto è che al caos climatico si accompagna, almeno ai miei occhi, un caos informativo. Non mi riferisco alla circolazione di articoli, post e video in cui alcune persone – che ammiro per il loro ottimismo – sostengono che non è vero nulla e anche lo fosse non sarebbe grave.

Mi riferisco alla letteratura scientifica seria e rigorosa, che dice molte cose. Troppe cose, per la mia limitata capacità di assimilazione. Dunque, in concreto, che succederà?

Mio figlio – che in effetti nel 2022 fa dieci anni e vive con i suoi genitori nell’Italia nord-occidentale – volesse mai sciare, una volta adulto, potrà farlo? Ho anche altri dubbi, ma è giusto per fare un esempio.

Mettendo insieme varie domande e il tentativo – non so quanto riuscito – di trovare risposte è venuto fuori Più idioti dei dinosauri, che le edizioni e/o mandano in libreria il 19 gennaio 2022.

Il titolo è spiegato in un capitolo più o meno a metà del libro. In ogni caso, non c’è nessuna intenzione di offendere i dinosauri.

 

Come se ne esce?

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Photo by Elti Meshau from Pexels.

Nella notte tra febbraio e marzo è morta Rossella Panarese. Dal 2003 curava e conduceva Radio3 Scienza, programma quotidiano di divulgazione scientifica che lei stessa aveva contribuito a far nascere. Ma già da prima Rossella Panarese era una colonna portante di Radio3, il terzo canale radio della Rai.

Non spetta certo a me spiegare la grandezza e l’importanza di questa donna e il vuoto che lascia. Altri lo hanno fatto e lo stanno facendo a partire dal direttore di Radio3, Marino Sinibaldi, per andare alla scrittrice Chiara Valerio e a tante tante altre persone, come si può vedere dalla pagina twitter di Radio3 Scienza.

Vorrei solo aggiungere un mio ricordo, quello della prima volta che l’ho incontrata, anche se è un racconto piccolo di una piccola vicenda.

Collaboro a un programma di Radio3, Wikiradio, e ogni tanto mi reco negli studi della RAI per registrare delle puntate. Una volta che ero in via Asiago, a Roma, andai nella redazione di Radio3 Scienza per conoscere di persona chi ci lavora.

Nell’ufficio c’erano Roberta Fulci e Marco Motta con cui iniziai a chiacchierare. Tempo qualche minuto e, mentre stavo parlando, sentii in corridoio Rossella Panarese dire «… ma io questa voce la conosco…», per poi aggiungere il mio nome, prima di comparire sulla soglia.

Ero stato ospite in una trasmissione di Radio3 Scienza, qualche tempo prima, ed è possibile che Rossella avesse ascoltato qualcuna delle puntate che ho curato per Wikiradio. Nondimeno, il suo riconoscermi dalla voce, dopo aver ascoltato al più qualche mia parola, mi colpì. Ne fui felice, certo, pure orgoglioso, ma anche molto sorpreso. La mia voce è decisamente ordinaria, non ha qualche caratteristica particolare.

Se Rossella l’ha riconosciuta a colpo sicuro penso sia perché lei era una donna di radio, che ha vissuto con la radio, che ha fatto la radio. Riconoscere le persone dalla voce – dopo solo mezza frase – è una specie di superpotere e credo ce l’abbia chi, come Rossella, incarna la passione per questo strumento di racconto e condivisione.

Rossella mancherà a molti, anche a me. Conservo gelosamente alcuni nostri scambi di email e un prezioso aiuto che mi ha dato per una pubblicazione a cui sto lavorando. Ci restano il suo grande lavoro, il suo esempio e Radio3 Scienza che, non ho dubbi, i suoi colleghi di redazione, a partire da Marco e Roberta, porteranno avanti al meglio.

Foto di Alessandro Petrocco.

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La voce di Rossella, alcune puntate di Radio3 Scienza, selezionate dalla redazione, condotte da Rossella Panarese.

La nostra Rossella, la prima puntata di Radio 3 Scienza andata in onda dopo la morte di Rossella Panarese con il suo ricordo nelle voci di chi ha lavorato con lei.